Magia della figurazione - (1997) – Lidia Panzeri - Critico
d’arte
I quadri di
Leonardo Beccegato, rivelano il suo complesso itinerario artistico, aperto a
molteplici suggestioni, dal realismo magico alla metafisica, consonante con
l’arte di Sironi e nello stesso tempo erede della tradizione vedutistica
veneziana. Il tutto segnato da ben precisa riconoscibile cifra stilistica che lo
vede prediligere, con rare e pur importanti eccezioni, caldi toni bruniti,
ravvivati da pennellate di bianco o tenui gamme di grigio. La sua è una calda
scelta figurativa che evidenzia una sicura impostazione delle figure, singole o
coppie o gruppi che siano.
Si segnala
Beccegato anche per la varietà dei temi trattati, nei quali trova una sintesi la
pluralità della sua formazione: scientifica, filosofica, la sua indubbia
sensibilità religiosa, il senso del paesaggio, la sua straordinaria capacità di
interpretare, nelle sue varie sfumature, l’animo femminile.
Sono temi
ricorrenti, ciclici, a dimostrazione del fatto che tutti coesistono
contemporaneamente nella sua sensibilità.
Beccegato è
artista colto, concepisce il quadro come lo spazio per una riflessione approfondita.
Filosofica conversazione del 1988 è
uno dei suoi primi titoli, un a complessa composizione di simulacri immersi nel
silenzio. E’ questo il filone che torna a distanza di anni. La Tentazione del filosofo 2 (1997),
dove l’enigmatica e reclinante figura maschile rimanda, per ammissione dello
stesso artista, al De Chirico metafisico.
Colto è
Beccegato anche quando si confronta con una tradizione iconografica veneziana
di antica data, riprendendo il topos rinascimentale del “concertino”, occasione
di incontro conviviale tra nobili spiriti. Muta, però, l’ambiente: non più la
campagna idealizzata del ‘500, ma un campo di Venezia, uno dei più vivi, quello
di Santa Margherita, con gli edifici che svolgono la funzione di quinte
teatrali. Anche in questo caso si tratta di estatiche figure, immerse in un
loro pensiero, in una sospensione temporale, sottolineata dai prevalenti toni
bruniti , a tratti rischiarati da penellate bianche.
Questa
situazione di un dialogo così profondo da non aver bisogno delle parole per
esprimersi, rappresenta un’altra delle costanti dell’opera di Beccegato. E’
un’atmosfera di attesa, più che di un evento, dello scioglimento di un enigma ,
metafora della vita, quintessenza dell’animo femminile e del suo atteggiamento
di fiducioso abbandono. E’ questo il nodo centrale dell’arte di Beccegato.
Protagonista assoluta dei suoi quadri, la donna viene colta in una varietà di
atteggiamenti, in una gamma di situazioni che denotano una sensibilità
psicologica straordinaria. Può essere ninfa, figura mitologica, dai sinuosi
contorni appena accennati su uno sfondo dilatato in uno spazio infinito, come
in Concertino (1995) o assumere la
corporeità provocante de Susanna e i
Vecchioni (1996) o svolgere il ruolo della cortigiana (anche questa una
citazione di tema classico, specie nella figura a mezzo busto che si affaccia alla finestra) nell’ambigua
atmosfera della Tentazione (1997).
Viene sorpresa nel suo compiacimento narcisistico mentre riflette la sua
immagine nello specchio di Ragazza allo
specchio (1992) o colta in un atteggiamento malinconico ed abbandonato,
come ne L’attesa (1991). Spesso nuda,
ma sempre pudica, reticente a svegliarsi, inafferrabile nella su più intima
natura. Si addice a questo ideale femminile l’atmosfera un po’ crepuscolare,
nei toni smorzati, di ambienti inizio secolo come il salotto accogliente,
borghese de Il riposo delle modelle
(1997). Si addice il contesto romantico di una stazione d’altri tempi, con il
pennacchio di fumo di una locomotiva a vapore (altra citazione di De Chirico?)
di Giugno 1997, dove la protagonista è colta in un suo stato felice d’animo,
forse legato a un incontro appena avvenuto, forse all’attesa di un appuntamento
imminente.
Speculare è
la tematica religiosa, che riprende soggetti biblici, come Il peccato originale in campo
santa Margherita a Venezia (1990) ambientato in un campo di Venezia quello
di Santa Margherita per l’appunto, luogo mitico di lontani accadimenti, sfondo
spesso drammatico, ma anche ricco di segni di vita, come la prorompente cascata
d’acqua rappresentata nel quadro. E anche religione intesa come pietà, nella
sua interpretazione letterale, del Cristo, abbandonato nel corpo, sfigurato o
meglio cancellato nell’espressione del viso. O intesa come solidarietà verso I derelitti, con i loro volti dai tratti
fortemente realistici.
Beccegato è
tuttavia uomo di scienza: il suo è certo un cielo antico, forse quello
millenario della notte dei Magi ma il modo di osservarlo, il punto di vista è
quello obbiettivo degli scienziati, Gli
astronomi appunto.
Un omaggio
evidente alla sua formazione tecnica, alla quale è anche da attribuire la
sensibilità per certi paesaggi periferici, di costruzioni essenziali. Tanto
vicine per concezione ed uso dei toni caldi del bruno e dell’arancione ai modi
di Sironi. E’ la realtà urbana di Porto Marghera, che viene correttamente
individuata come parte integrante e integrata nell’area veneziana.
Eppure il
suo essere veneziano, fa di Beccegato il naturale erede di una tradizione
paesaggistica, tutta affidata alla luce, con quel mutare di colori, che si
accendono di liquidi riflessi nell’ora del tramonto titolo di un suo quadro del
1989 o si incupiscono nell’approssimarsi di un temporale; sfumano nei toni
smorzati di un’alba nebbiosa o si infittiscono di ombre dal sapore metafisico
in Le città assediate del 1986.